Erminio Tansini opera su umorose cromie, alte paste trattate prevalentemente a spatola, come per spremere – in un’attenta ricerca di accordi e di movimenti armonici – grumi interni, nodi, grovigli di sensazioni e di emozioni, riordinandole, esplorandone gli spessori e i riverberi. La sua pittura ha definitivamente perduto il rapporto con la realtà da rappresentare e resta pura materia, ‘materia-spazio’ da far risuonare, da rendere espressiva in personali modulazioni, ora ritmiche, per brevi colpi di luce, ora più melodiche, con andamenti lunghi, a volte circolari, altre volte per incastonature ordinate secondo il gradiente luminoso. Tansini rievoca e rinnova indubbiamente anche le magie dell’informale, tuttavia con una più acuta sensibilità di attraversamento visivo della materia, e di ascolto delle vibrazioni che aggallano dal fondo, da dentro, da profondità alluse e sentite nel momento stesso del dipingere, come spazio tenero di affondo e di risonanza, e di modellazione cromatica anche.
Peculiari di Tansini sono l’eccellenza della sensibilità cromatica e la sapienza compositiva davvero ‘gustosa’ e capace di trascorrere dalla poesia rastremata di Fautrier e di De Staël alle drammatizzazioni materiche di Burri, strutturando il colore non più secondo una sintassi figurale con riferimenti visivi esterni, bensì per ‘figure dell’anima’, costruzioni e ritmi che appartengono esclusivamente al suo mondo interiore e ai quali si può ‘consentire’ come in un’audizione musicale godendo della gioiosità e preziosità degli accordi, maravigliandoci della profondità cui essi scendono o delle altezze che raggiungono, sempre portandoci con sé. Con la stessa immediatezza e la stessa semplicità della musica, infatti, Tansini cattura, assorbe il nostro sguardo e la nostra percezione, accompagnandoci dentro e oltre l’epidermide succosa e variegata della sua pittura. E ci si sente davvero come dentro quei suoi spazi luminosi e ricchi di umore, freschi di una gestualità che ha pieno controllo della quantità, dei toni, dei timbri, della lunghezza, perfino delle scie che il gesto lascia dentro di sé dei corrugamenti materici, delle striature che complicano le profondità e fanno emergere ulteriori riflessi e vibrazioni. Anche qui nulla di casuale, di gratuito, anche se dalla materia – e in particolare dalla materia colore – le sorprese, le scoperte inattese vengono di sovente. Tansini non solo è pienamente consapevole del proprio fare, sia come mestiere sia come ricerca, ma lo sa rapportare direttamente, senza esitazioni, alla condizione esistenziale, lo eleva a misura della propria umanità, come valore generale di riferimento e anche della necessità di rinnovare costantemente – dichiara egli stesso – l’accordo “fra il mestiere di vivere e quel grumo di sé stesso che si aggroviglia in fantasia, immaginazione, razionalità, sogno e coscienza del reale”.
Giorgio Segato
Tratto da: Giorgio Segato (a c. di), Pittura e scultura del vedere oltre, Panda Edizioni, Padova 2002, p. 179.
© «In arce»: tutti i diritti riservati – Pubblicato il 10 marzo 2020 – Aggiornato al 20 agosto 2024